Encanto. Commento di E. Auriemma e A. Di Guida

 

Tra Disincanto ed Encanto: un percorso di scoperta di Sé

Commento di Eleonora Auriemma e Anna Di Guida

 

Encanto è il 60° film della Disney diretto da Byron Howard e Jared Bush insieme a Charise Castro Smith, è ambientato tra le montagne della Colombia, in una straordinaria e magica città. Nel 2022 riceve l’Oscar come migliore film d’animazione.

Encanto si presenta come un luogo incantato, magico, ma è anche il fascino della magia, del potere della bellezza, l’incantesimo che dona una seconda vita, una seconda opportunità, una seconda casa, dopo la tragedia, la solitudine, la morte. Un cartone quello della Disney ricco di colori, fantasia, canzoni e ritmi cubani che abbagliano e rapiscono la mente ed il corpo dello spettatore adulto e bambino.

La Abuela Alma, capostipite della famiglia Madrigal, riceve un dono nella sua giovinezza, un miracolo che le permette come una fenice di rialzarsi dalle ceneri e portare avanti la sua stirpe concedendo alla famiglia di “sbocciare” e vivere in armonia. Da quel momento in poi ogni componete della famiglia riceverà un talento speciale che sarà posto al servizio del mantenimento del miracolo Di Encanto.

Ogni componente tranne una: Mirabel, la giovane protagonista, è l’unica che non riceve nessuna magia e per tutta l’infanzia vivrà nell’ombra, alle spalle della luce di Encanto sentendosi diversa e manchevole in quanto le manca un potere che la ponga al pari delle sorelle, della famiglia tutta. La ragazzina cerca maldestramente di essere d’aiuto e al servizio della famiglia, ma vivrà il dolore di non sentirsi mai abbastanza, mai abbastanza utile, mai abbastanza interessante, mai abbastanza speciale. Nonostante le continue rassicurazioni sul fatto di essere comunque importante e di essere sempre amata, Mirabel intercetta gli occhi angosciati e delusi di Abuela Alma. La nonna sente come una missione quella di preservare la magia che accende la fiamma della candela e con essa il prestigio e l’importanza della famiglia agli occhi dell’intero villaggio. Per questo motivo non riesce né a provare empatia per la nipote né a cogliere il suo valore. Il timore di entrare in contatto con la fragilità che sta iniziando ad insinuarsi nella stirpe, spinge la nonna a difendersi fortemente dalla possibilità di sintonizzarsi con il dolore, la sconfitta, il fallimento, così fortemente da proiettare in Mirabel la fonte di imbarazzo per la famiglia poiché “senza talento” e ancor più pericolosa per la famiglia stessa.

 

Il film, negli occhi e nei vissuti della protagonista soprattutto, conduce lo spettatore a chiedersi quanto sia fascinosamente potente ed anche pericoloso l’annebbiamento indotto da una onnipotenza magica, quanto essere portatori di talenti, doni e magie possa in fondo essere un “peso” perché con essi sembra essere negata la possibilità di essere stanchi, tristi, arrabbiati, “imperfetti” e perché no, anche sbagliati.

Qual’ è dunque lo scotto della negazione della sofferenza rappresentata dalle crepe che iniziano a comparire nella casita che solo Mirabel vede? Forse il sacrificio della propria serenità e della propria autentica natura, forse il blocco del proprio cammino di crescita, del proprio passo verso la scoperta di un sé più creativo, più autentico e meno idealizzato. 

La ragazzina percepisce tutto ciò, con una emotività viva e una generosità autentica e con una sensibilità talentuosa diremmo;  vede le crepe della e nella casa, vede la sofferenza delle sorelle: Luisa teme di non avere forze “ si sente debole”, sente il peso di una tensione che la può “far scoppiare “”; Isabela, elegante e delicata in ogni sua movenza, costretta dal suo talento alla perfezione, non può dare spazio alla propria creatività ai propri sentimenti e pensieri e anche alla propria rabbia. La magia sta svanendo, la candela si sta spegnendo, ma nessuno vuol vedere la realtà. Osservando le sorelle e la famiglia, Mirabel intuisce l’aspetto di fragilità e di dolore e scopre le crepe nella casita, scoperta rigettata dalla nonna e dall’intera famiglia che la guarda con delusione, che la deride, definendo la giovane portatrice di sventura.

Mirabel riuscirà con la sua temerarietà, il suo coraggio e la sua generosità, a esprimere il “peso” che vive l’intera famiglia, sarà colei che permetterà alle crepe di venir fuori, essere viste; sarà colei che patendo il dolore e l’imperfezione potrà mostrare la sofferenza dell’intera famiglia; sarà lei il vero Miracolo della stessa. Il subbuglio che Mirabel genera, la autenticità del suo essere, permetterà l’integrazione di vari aspetti “buoni e cattivi” della famiglia stessa, mostrando allo spettatore come solo dalle crepe, solo dalla sofferenza e dal conflitto potrà apparire la strada verso la risoluzione e l’integrazione dei vari aspetti che compongono l’intera personalità.

Colpisce molto come tutti questi momenti di scoperta del sé e dei segreti familiari, che passano da generazione in generazione, possano essere solo cantati e ballati. Le canzoni hanno dei testi impegnati ed impegnativi eppure orecchiabili per i bambini; alcune di queste canzoni sono divenute un tormentone per i più piccoli quasi come se fosse possibile affrontare una difficoltà attraverso parole semplici alla portata dei bambini.

Leit motif del film è la canzone “non si nomina Bruno”. È nella canzone su zio Bruno che troviamo la chiave di lettura e di svolta del film.

Lo zio che tutti tentano di dimenticare, la porta della sua stanza è priva di potere, la sua torre ricoperta di erbacce, non si può nominare, non si può ricordare, si deve negare ma Mirabel lo cerca pensando che nella scoperta della sua storia, di ciò che è stato negato ci possa essere la possibilità di scoprire le proprie origini.

Possiamo interpretare questa storia tramite la teoria Kleiniana dello sviluppo. All’inizio la famiglia si trova in una dimensione per la quale le parti buone e le parti cattive della famiglia sono divise: gli oggetti cattivi vanno espulsi perché minacciano quelli buoni e, espellendoli, si teme un loro ritorno.

La casa Madrigal con i suoi poteri rappresenta una difesa maniacale finalizzata a negare il male. In effetti la magia Madrigal sembra trionfare, sempre, sulle difficoltà dell’esistenza. 

Dall’altra parte Bruno, il profeta innominabile espulso dalla famiglia è destinato a percepire le negatività familiari che non hanno posto nella vita magica. Tali conflitti saranno tematizzati da Mirabel che va alla ricerca dello zio profeta affinché possa aiutarla a comprendere il significato delle crepe di casa. Mirabel comprende che il cattivo e il buono possono integrarsi senza che il buono, come la casa familiare, debba crollare. Ciò consentirà alla famiglia di approdare a quella che Melanie Klein chiama la posizione depressiva: un’integrazione tra l’oggetto buono e quello cattivo. Buono e cattivo, magia e dolore si appartengono.

Nella visione di Bruno questo potrà avvenire con un abbraccio. Un abbraccio, potente e delicato; tenero, affettuoso, empatico, quello tra Mirabel e Abuela Alma. Un abbraccio che unisce due menti, due corpi, due storie in una continuità tra passato presente e futuro. 

La protagonista affronta il suo percorso interiore di crescita e nel confronto tra interno ed esterno riesce a ricostruire la casita (il luogo delle origini) e così dunque a “ricostruire” le anime di tutti personaggi, uno per uno e tutti insieme, uniti ma separati, insieme ognuno con la propria unicità. 

Pensiamo che il film si ponga tanti obiettivi che cerca di mettere in evidenza: le dinamiche familiari, le aspettative degli altri, il sentimento di esclusione e solitudine, il diniego della diversità, la crescita personale che passa per l'accettazione di sé.

Il film ha suscitato reazioni diverse e alcune critiche. Encanto è il primo film della Disney ambientato in Colombia, una novità assoluta senza precedenti, aspetto che ha consentito di raggiungere un pubblico maggiore. Inoltre, le parti cantate, per alcuni critici davvero troppe, sembrano già predisporlo per un musical così come altri per cartoni, ad esempio Frozen, che hanno avuto il medesimo destino, prestandosi così anche a raggiungere un pubblico più adulto, pronto per essere portato su di un palcoscenico.

La critica che più spesso ritroviamo è una forzatura verso il lieto fine sembra quasi che ad un certo punto tutto diventi veloce, la storia, la vita dei personaggi, gli eventi, tutto affinché si realizzi il lieto fine.

Si potrebbe quasi intravedere una eccessiva maniacalità nella storia pur di ottenere che tutto vada al posto giusto. Nonostante queste critiche crediamo che il film meriti tutto il successo avuto proprio per le tante novità che introduce come l’ambientazione del film, la possibilità di guardare all’evoluzione di una ragazzina che non è una principessa. La protagonista si trova ad affrontare il suo processo di crescita combinando pasticci qua e là, ma anche confrontandosi con il suo Sé.

 Ed è proprio nel confronto con sé stessi che l’Encanto, Il miracolo, avviene, fuori e dentro i personaggi, fuori e dentro di noi.

Encanto. Commento di E. Auriemma e A. Di Guida
Dal 17/10/2022
Modulo di iscrizione

17/10/2022

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