C'era una volta in America. Commento di D. Petrelli

in Visti e rivisti

 

C’era una volta in America. Regia di Sergio Leone (1984)

Commento di Diomira Petrelli

 

C’era una volta in America …. ancora un sogno.

Sono andato a letto presto… la frase più famosa del film di Sergio Leone richiama, come molti hanno notato, l’incipit del primo volume della Recherche (“Per molto tempo sono andato a letto presto la sera”). Al di là di altre concordanze tra le due opere mi colpisce il fatto che entrambe narrano di uno svelamento, del lungo lavoro interiore che il protagonista deve compiere per entrare in contatto con la realtà, per trovare una chiave interpretativa del mondo, una chiave di lettura che gli permetta di comprendere le reali e nascoste dinamiche che si celano dietro le apparenze. Sono opere di lettura e disvelamento della realtà, un lavorio interiore che per il protagonista impegna tutta una vita e che si tradurrà nella perdita dei sogni. La realtà si rivelerà molto diversa da quella immaginata, percepita, sognata. L’Autore – Leone, Proust – nella sua opera racconta questo percorso interiore di conoscenza/interpretazione del mondo e dei rapporti umani. C’era una volta in America sono io – dice Sergio Leone, come la Recherche è Proust, perché in fondo ognuno cerca sempre sé stesso.

Che dire della teoria del sogno? Che cioè tutto il film sia solo un sogno del protagonista provocato dall’oppio? Una versione che lo stesso Leone avvalora nella sua intervista sul film. Certo può essere un sogno ma a volte, anzi spesso, nei sogni si coglie, meglio che da svegli, l’essenza della realtà e dei rapporti, interni ed esterni. Così Noodles sogna il tradimento del suo amico e della ragazza che ama, proprio come avviene spesso nelle fantasticherie adolescenziali in cui finisce che l’amico si metterà con la ragazza amata… vedi Thomas Mann…. (loro due erano biondi e ariani, io bruno e mediterraneo, lei è la versione femminile di lui). Chi è Max per Noodles? Il proprio Ideale dell’Io proiettato in avanti, un ideale che si rivelerà crudele e traditore. Un ideale da buttare nella spazzatura del mondo. Nel sogno (ammesso che sia così) Noodles proietta sull’amico Max il tradimento che lui stesso gli ha fatto, alleandosi con la donna di lui, ora scopre che è Max a tradirlo con quella che avrebbe dovuto essere la sua donna…è lui ad appropriarsi della sua vita non vissuta.

Perso nei fumi dell’oppio Noodles sogna un futuro che non verrà e che è proiezione del suo passato, delle sue angosce, dei suoi sensi di colpa. Una doppia storia d’amore, con la ragazza ma soprattutto col suo amico Max, suo alter ego e Ideale dell’Io, al cui fascino narcisistico non sa sottrarsi (mentre sta per baciare la ragazza Max lo chiama insistentemente e lui non riesce a non andare, Deborah gli dirà: Vai, la mamma ti chiama…) Un alter ego invidioso che gli sottrarrà tutta la sua vita, o almeno così lui immagina. Bisogna ucciderlo per forza, sotto la fragile scusa di volerlo salvare dalla sua stessa pazzia, oppure ucciderlo ma stavolta non uccidendolo, come nell’epilogo finale in cui se ne va e lo abbandona alla sua distruttività. Un’altra conclusione, che però sembra essere soltanto una costruzione del sogno. Max è una parte folle di Noodles, omicida e onnipotentemente distruttiva, subdolamente protettiva, megalomanica.

In tutto il film si dipana una profonda confusione tra amore e odio, ma anche tra fasi temporali diverse della vita, una confusione temporale che è propria del sogno: adolescenza, trent’anni, sessanta, quanti anni ha veramente Noodles? Tutte queste età, contemporaneamente insieme, come nel tempo condensato e confuso del sogno. In questo il regista è veramente magistrale nel riprodurre, attraverso il movimento del film, il mix temporale, la confusione di tempi ed età che così ben rappresenta la vita onirica e il funzionamento della mente. L’inizio è la fine e la fine è l’inizio. Magistrale l’effetto di straniamento, di confusione tra sogno e realtà che non sono mai definitivamente ben distinguibili…un turbamento che il film lascia nello spettatore, ben oltre la conclusione delle immagini. A luci accese, ad occhi aperti, ancora stai lì a chiederti se era un sogno oppure realtà. Resta un residuo – come il residuo inquietante di un sogno – che si prolunga nella veglia.

Questo effetto di incertezza e di dubbio che il film lascia è forse il suo aspetto più riuscito e impressionante, un effetto che lo rende unico, una vera opera d’arte. Rimanda alla capacità del cinema di indurre un dubbio su cosa sia veramente reale e cosa no, di produrre un effetto inquietante, forse anche ipnotico, proprio come un sogno. Quindi valorizziamo e conserviamo questo aspetto, non ci proponiamo di sciogliere il dubbio, manteniamolo invece come cifra di un capolavoro che ci rimanda il profondo significato di verità del sogno.

Tra i fumi dell’oppio, annebbiato come attraverso un velo, il sorriso di Noodles si rivolge all’interno ad un qualcosa che ormai solo lui vede e che noi non vediamo più. La sua vita.

09/01/2023

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