Resoconto del seminario: Quanto è difficile diventare genitori. A cura di A. Borrelli
Annalucia Borrelli
Sintesi del Seminario organizzato dall’AIPPI, Sede di Roma, il 20 novembre 2010
Quando è difficile diventare genitori
Il seminario organizzato dall’AIPPI, ASSOCIAZIONE ITALIANA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA DELL’INFANZIA, DELL’ADOLESCENZA E DELLA FAMIGLIA, sede di Roma, affrontando una riflessione sul tema della genitorialità nel periodo perinatale, ha avuto il grande merito di rimettere in una giusta cornice il dibattito che recentemente si è acceso intorno al tema della depressione post-partum, scaturito dalla proposta della SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, di applicare la procedura del TSO extraospedaliero per le donne a rischio di infanticidio e figlicidio.
La giornata di studio e di approfondimento ha mostrato come la clinica e la lunga esperienza di osservazione della relazione madre-bambino, fondamentale nell’approccio psicoanalitico dell’AIPPI, possano favorire una azione di sensibilizzazione sociale e culturale e possano essere messe al servizio della prevenzione del rischio psicopatologico; in sostanza, una rigorosa risposta scientifica di sostegno allo sviluppo dei bambini e dei loro genitori a partire dalla profonda conoscenza dei disturbi delle relazioni e dei conflitti che impediscono una piena funzione parentale.
Tale risposta è apparsa simbolicamente ancor più significativa se si considera che la data del 20 novembre coincideva con il 21° anniversario della sottoscrizione della Carta dei Diritti dell’Infanzia, documento che sollecita gli Stati ad attuare provvedimenti finalizzati a mettere le famiglie e le istituzioni in condizione di adempiere ai propri obblighi nei confronti dei minori.
La giornata di studio prevedeva una prima relazione, che dava il titolo a tutto il seminario, tenuta da Bianca Micanzi Ravagli, seguita da una Tavola Rotonda a cui hanno partecipato Maria Lori Zaccaria, Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, Carla Candelori dell’Università di Chieti, Giovanna Maria Mazzoncini, Presidente dell’AIPPI e la giornalista Rai, Adiana Pannitteri, autrice del libro “Madri assassine” che con coraggio ha condotto un’indagine nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. L’obiettivo di un approccio multifocale - e non solamente psichiatrico - sul tema, che andasse dalle posizioni istituzionali a quelle del mondo dell’informazione, spesso distorta e generalizzata, è stato pienamente raggiunto, come l’acceso dibattito ha confermato.
La intensa ed appassionata relazione di Bianca Micanzi Ravagli ha esplorato la difficile e complessa transizione alla genitorialità, che non è solo un atto biologico, ma profondamente psicologico. Forte della sua esperienza di approfondimento delle teorie dello sviluppo la relatrice è riuscita a far dialogare gli studi della Infant Research con la teoria e la pratica psicoanalitica, solo per comodità espositiva presentate separatamente, ma in realtà articolate in un continuo interfaccia in cui si completano e verificano vicendevolmente. Mantenendo il focus sul periodo perinatale, quello specifico dell’incontro dei genitori col bambino, ha mostrato quali sono i rimaneggiamenti interni e le trasformazioni che la genitorialità comporta, uniti al peso dei fattori psicosociali. Un incontro che a volte può rivelarsi pregno di sofferenza per entrambi e che contrasta con lo stereotipo della famiglia idealizzata.
La perdita dello statuto di figlio, il passaggio dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale con il punto di crisi segnato dalla nascita del bambino diventano momenti che impongono una svolta ed una revisione degli strumenti interni e mettono la madre di fronte a quello che Stern chiama il “tema vita-crescita”, tema di forte connotazione biologica perché legato alla sopravvivenza e alla continuità delle generazioni e completamente dipendente dalla capacità materna di tenere in vita il suo bambino.
Il punto centrale della relazione è stato il parallelismo tra questa posizione di Stern ed il richiamo al concetto winnicottiano della preoccupazione materna primaria, vale a dire quello stato mentale di “malattia normale” in cui cade la madre “sufficientemente buona”, che consiste in un aumento della sensibilità ai bisogni del bambino e che esclude temporaneamente ogni altro interesse, un vero e proprio stato di ritiro e dissociazione. Una madre sana deve poter raggiungere questo stato fisiologico e necessario e deve poterne uscire quando il bambino la lascia libera. Quindi, la madre sufficientemente buona è anche una madre sufficientemente sana da potersi ammalare e guarire da questa malattia ordinaria.
E’ grazie a questa sottolineatura che diviene possibile cogliere le diverse gradualità con cui si manifesta la depressione post-partum e che, invece, la posizione della SIGO tratta in modo indifferenziato creando facili e inutili confusioni. Una madre sufficientemente sana sarà, infatti, una madre abbastanza integrata da poter sopportare lo stato momentaneo di minore integrazione, mentre, invece, il punto di rottura si situa nell’incapacità di oscillare tra le due condizioni per cui le mamme che non si “ammalano” non potranno neanche “guarire” da questo stato e la relazione primaria verrà perciò caricata di ansie e conflitti ostacolanti lo sviluppo.
A seguire la Tavola Rotonda, dibattito a più voci che ha affrontato il tema da vertici di osservazione diversi, ma imprescindibili l’uno dall’altro: vale a dire le battaglie sociopolitiche delle istituzioni per garantire una psicologia di base a forte radicamento territoriale che promuova salute e benessere, come ha sottolineato la Presidente dell’Ordine Maria Lori Zaccaria; l’importante apporto alla prevenzione fornito dai dati della ricerca scientifica; il contributo di ciò che viene osservato nella pratica clinica e il mondo dell’informazione che può dare grande aiuto nella diffusione di una cultura della comprensione del fenomeno e non piuttosto – come sovente accade – di sbattere il mostro in prima pagina.
Certamente l’idea del raptus o di “eventi inspiegabili ed inattesi” che portano le donne ad affrontare la voragine che il divenire madre a volte apre, acquieterebbe tutti tramite l’uso della negazione, ma l’acceso confronto scaturito ha mostrato la convinzione degli operatori tutti che i segnali ci sono e che esistono competenze e strumenti con i quali dare rispecchiamento ad essi.
I dati della ricerca presentati da Carla Candelori – che auspichiamo possano venir presto pubblicati per continuare a studiare e approfondire il problema – hanno mostrato alcuni fattori di rischio che possono influire sull’acquisizione del ruolo genitoriale: lutti recenti e non elaborati, parto problematico, stati depressivi e conflittualità di coppia. Non madri inadeguate, ma persone con una struttura psichica fragile e precaria che la nascita di un bambino mette profondamente in crisi.
Come ha detto Giovanna Mazzoncini, la trasformazione parte dalla condivisione della pena psichica e dal fornire alla madre e al suo bambino una risposta di holding e reverie da parte dell’ambiente.
25/12/2013