QUALI PAROLE PER LA GUERRA - PARTE III
QUALI PAROLE PER LA GUERRA
di Emanuela Abballe e Livia Aisemberg
Avevo una scatola di colori
Brillanti, decisi, vivi
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
Per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
Per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
Per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
Per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli e i nidi,
e il celeste dei chiari cieli splendenti,
e il rosa per i sogni e il riposo.
Mi sono seduta e ho dipinto la pace.
Ho dipinto la pace
(Talil Sorek)
L’importanza di alimentare la speranza
Ancor più di fronte ad eventi drammatici, appare fondamentale mantenere viva la curiosità per la vita, sostenendo la possibilità di nutrire un pensiero sul cambiamento e sulla trasformazione.
Coltivare la speranza risulta essere, dunque, di fondamentale importanza, per qualunque fascia d’eta. Sostenere l’idea che un altro mondo sia possibile, un mondo in cui la costruzione vinca sulla distruzione, in cui a fronte di tante persone che compiono atti disumani, altrettante si dedicano alacremente, con passione e generosità, a curare e aiutare gli altri, a compiere atti di alto valore umano.
Al bambino sarà importante spiegare come, malgrado la guerra, la pace continui ad esistere; che, anzi, la maggior parte delle persone coltiva la speranza che questa venga ripristinata e, in tal senso, ci si sta impegnando affinché ciò possa accadere nel più breve tempo possibile.
All’adolescente sarà utile trasmettere il valore della costruzione di una cultura di pace, che vada alimentata con scelte e azioni costanti. Potrebbe, anche, essere utile coinvolgere i ragazzi in storie di coetanei che si trovano a vivere situazioni di guerra, così da avvicinarli ad un contatto più profondo con i vissuti e i pensieri connessi.
Bambini e adolescenti potrebbero, inoltre, essere aiutati a compensare il senso di impotenza rispetto agli eventi, supportandoli nel “fare concretamente” qualcosa, così da poter assumere una posizione meno passiva e schiacciata, accedendo anche ad una dimensione “riparativa”, che li avvicini alla sensazione di poter fare qualcosa per il cambiamento. Ad esempio, realizzare un disegno, condividere un’iniziativa di solidarietà, per i più piccoli; partecipare a manifestazioni per la pace, creare una raccolta fondi o sostenere un’organizzazione umanitaria, per i ragazzi.
Coltivare la speranza vuol dire, quindi, permettere a bambini e ragazzi di continuare ad affacciarsi al mondo con accesa fiducia, affinché possano “digerire” il dolore e l’angoscia che generano da alcuni eventi del mondo, senza sentirsene sopraffatti. Trasformare, quindi, il trauma.
Come riesce a fare Mila, la bambina protagonista di un commovente cortometraggio della regista Cinzia Angelini, ispirato ai fatti realmente accaduti a Trento nel 1943, ma simbolo dei vissuti dei bambini di ogni guerra. In una notte di bombardamenti, Mila perde la sua famiglia e la sua casa, ma riesce a mettersi in salvo grazie all’aiuto di una giovane e sconosciuta donna. E a lei, che le salva la vita, Mila è capace di regalare la possibilità di una nuova vita e di una rinascita, dopo la guerra e la distruzione, grazie al potere dell’immaginazione e della speranza.
La speranza di poter ricominciare.
21/03/2022