Ricordo di Daniel Stern, di Chiara Mazzalama
Ricordo di Daniel Stern
di Chiara Mezzalama
È morto lunedì 12 novembre 2012 il Professor Daniel Stern. Questa notizia mi ha riempito di tristezza. Avevo pensato di andare a trovarlo a Ginevra dove lo incontrai la prima volta. Avevo da poco terminato gli studi di psicologia, frequentavo allora la cattedra di Psicologia Evolutiva del professor Ammanniti all’università di Roma e andai a trovarlo nel laboratorio dell’università di Ginevra. Mi ricevette con grande cortesia e mi mostrò subito quello che stava facendo. Registrava una seduta madre-bambino e analizzava con la tecnica della micro intervista tutti i messaggi verbali e non verbali che passavano tra i due. Mi spiegò il concetto di “attunement”, la sintonizzazione che si crea nella diade madre bambino e che lui associava alla musica. Mi raccontò che avrebbe voluto studiare la mimica dei pagliacci. Non so se poi lo fece davvero.
Ci rincontrammo poi a Roma, quando venne a tenere dei seminari all’università e io ebbi il privilegio di fargli da traduttrice. Ero terrorizzata, non avevo mai tradotto dall’inglese così in simultanea davanti ad una vasta platea di studenti e colleghi, ma lui mi rassicurò. “Parlerò lentamente” mi disse. E in effetti le sue spiegazioni erano chiare, i suoi esempi illuminanti. Fu un’occasione straordinaria di apprendimento per me. Non soltanto da un punto di vista teorico. Sebbene abitasse da molti anni in Svizzera, mi raccontò degli Stati Uniti. “Non puoi capire gli americani se non hai mai visto l’enormità degli spazi. Spazi vuoti, deserti, solitari. È qualcosa che tutti gli americani si portano dentro.” Mi colpì questa frase pensando al suo lavoro di attenzione estrema per tutte le più sottili e millimetriche sfumature del linguaggio non verbale. Sguardi, sorrisi, pianto, la geografia del volto umano nella sua declinazione più misteriosa e bella, talvolta tragica: il rapporto nascente tra una madre e il suo bambino. Un universo piccolo, intimo, apparentemente insignificante che racchiude in sé tutto il mondo. Lo spazio ma anche il tempo nelle sue teorizzazioni più recenti; il “now moment”, una manciata di secondi che possono produrre un insight, una scintilla di cambiamento. Credo che sia questo che lascia in eredità il professor Stern, oltre a dei bellissimi libri e ad una teoria che ha cambiato il modo di intendere le relazioni primarie, la capacità di guardare le cose nella loro essenza. “Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l'infinito nel palmo della mano e l'eternità in un'ora” scriveva William Blake. Non a caso questa frase è stata scelta da sua moglie Nadia come ricordo e come omaggio ad un maestro.
Roma 15 novembre 2012
15/11/2012